In Costa d'Avorio oltre la metà delle donne è analfabeta. Esistono difficoltà di ogni tipo: carenza o assenza di servizi sociali di base, malattie parassitarie e infettive, la malaria (principale causa di morte) e la tubercolosi.
Sono in aumento gli orfani e i figli dell'Aids e sempre più frequente l'utilizzo dei
bambini come forza lavoro.
La mortalità della madre è elevata: si muore di parto, di emorragie,
di aborti e di interventi chirurgici precari e a rischio.
La Costa d'Avorio non deve lottare contro la siccità, contro il deserto
che avanza, la corsa alla città ha provocato lo svuotamento delle campagne, ha creato
una nuova realtà sociale, quella di coloro che non sono riusciti ad integrarsi: gli
esclusi. Queste famiglie, migliaia e migliaia, aumentano ogni giorno di più.
Le "bidonvilles", regno della precarietà di vita, della miseria morale e culturale,
sono le nuove città.
Gli emarginati in Costa d'Avorio aumentano e con loro l'uso di alcool,
di tabacco, di droghe e la delinquenza giovanile è dilagante.
Mancano quasi totalmente forme di attività sociali che diano stimolo alla crescita
culturale e ad una esistenza dignitosa.
Tutti noi sappiamo che le situazioni radicate di povertà in paesi come la Costa d'Avorio non possono essere cambiate solo per opera di governi e d'istituzioni internazionali.
( A puro titolo di riflessione, basti sapere che a partire dagli anni '90 l'Africa francofona subsahariana ha sperimentato 44 colpi di stato. Una media di quasi tre all'anno! Il protrarsi delle sanguinose dittature ha provocato "distruzioni familiari" e ha sprofondato il continente africano, compresa la Costa d'Avorio, in una irrimediabile crisi politica , sociale e culturale che lo ha tagliato fuori dalla corsa allo sviluppo)
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